Autore: mondolavoro

Bonus asilo nido: istanze 2020

L’Inps, con circolare n. 27 del 14 febbraio 2020, ha illustrato le novità introdotte dall’articolo 1, comma 343, L. 160/2019, relativamente alle agevolazioni per la frequenza di asili nido pubblici e privati, nonché le modalità di presentazione delle domande di accesso per l’anno 2020.

Inoltre, con notizia del 18 febbraio 2020, l’Inps ha ricordato che dal 17 gennaio 2020 è attiva la procedura che consente l’inserimento delle domande di bonus asilo nido per l’anno 2020.

Il premio è corrisposto direttamente dall’Istituto su domanda del genitore, che può presentare la domanda per il minore nato o adottato in possesso dei requisiti di Legge.

L’Inps precisa che coloro che hanno già presentato domanda di bonus nido nel 2019 e abbiano provveduto al pagamento di almeno una mensilità da settembre a dicembre dello stesso anno, invece, stanno ricevendo un sms che permetterà, tramite accesso con PIN Inps, SPID, CNS o CIE, di confermare o modificare i dati nella domanda precompilata dall’Istituto, senza doverne riproporre una nuova per l’anno 2020.

La domanda deve essere presentata attraverso i consueti canali:

  • web;
  • contact center multicanale;
  • patronati.

Omesso versamento della quota contributiva ai Fondi di previdenza complementare

L’INL, con nota n. 1436 del 17 febbraio 2020, ha offerto chiarimenti in merito ai casi di omesso versamento, da parte del datore di lavoro, della quota contributiva ai Fondi di previdenza complementare. L’ipotesi del mancato versamento di parte dei contributi previsti dalle fonti istitutive del Fondo prescelto integra un inadempimento contrattuale del datore di lavoro, pertanto il lavoratore potrà agire innanzi al giudice civile per la tutela della propria posizione contrattuale.

Sotto il profilo ispettivo, assume rilevanza la decisione della Cassazione, SS.UU. n. 4684/2015, che ha definitivamente escluso la natura retributiva del contributo integrativo posto a carico del datore di lavoro dai contratti e accordi collettivi riconoscendone, invece, la natura esclusivamente previdenziale. Di conseguenza, non è possibile adottare la diffida accertativa di cui all’articolo 12, D.Lgs. 124/2004 in relazione ai versamenti che il datore di lavoro non abbia effettuato, anche in considerazione del fatto che il citato articolo 12 fa riferimento ai “crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro”, mentre nel caso in esame il creditore dell’obbligazione contributiva non è il lavoratore, ma il Fondo di previdenza complementare, poi tenuto all’erogazione in suo favore della prestazione previdenziale.

L’INL ritiene, invece, che in tali casi si configuri un’ipotesi di violazione dell’articolo 1, comma 1175, L. 296/2006, secondo cui “a decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge (…)”.

Ciò in quanto, il D.Lgs. 252/2005, che detta la disciplina delle forme pensionistiche complementari, come modificato dalla L. 296/2006, prevede, in favore delle aziende che dal 1° gennaio 2007 devono trasferire il Tfr nelle forme pensionistiche complementari, misure compensative per contenere gli effetti finanziari derivanti dallo smobilizzo del Tfr. L’articolo 10, comma 2, D.Lgs. 252/2005, così come sostituito dall’articolo 1, comma 764, L. 296/2006, consente infatti una riduzione degli oneri contributivi a carico dell’azienda laddove dispone che “il datore di lavoro è esonerato dal versamento del contributo al Fondo di garanzia previsto dall’articolo 2, della legge 29 maggio 1982, n. 297, e successive modificazioni, nella stessa percentuale di TFR maturando conferito alle forme pensionistiche complementari e al Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile”.

Pertanto, laddove il datore di lavoro non abbia effettuato il versamento dei contributi nella misura di cui sopra al Fondo di previdenza complementare e abbia comunque ridotto il proprio onere contributivo omettendo i versamenti dovuti al Fondo di garanzia, si configura una violazione di Legge che legittima il recupero degli sgravi contributivi eventualmente fruiti in applicazione del suddetto articolo 1, comma 1175, L. 296/2006.

Indennità di accompagnamento: domanda amministrativa valida anche con documentazione incompleta

La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 7 gennaio 2020, n. 74, ha statuito che, in tema di prestazioni previdenziali e assistenziali, al fine di integrare il requisito della previa presentazione della domanda, non è necessaria la formalistica compilazione dei moduli predisposti dall’Inps o l’uso di formule sacramentali, essendo sufficiente che la domanda consenta di individuare la prestazione richiesta affinché la procedura anche amministrativa si svolga regolarmente. Ne consegue che non costituisce requisito imprescindibile della domanda amministrativa barrare la casella che, nel modulo, individua le condizioni sanitarie la cui sussistenza è necessaria per il riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento, non potendo l’Istituto previdenziale introdurre nuove cause di improcedibilità ovvero di improponibilità in materia che deve ritenersi coperta da riserva di legge assoluta ex articolo 111, Costituzione.

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