Autore: mondolavoro

Nuovo provvedimento di sospensione: prime indicazioni dall’INL

L’INL, con circolare n. 3 del 9 novembre 2021, ha offerto indicazioni sull’istituto della sospensione dell’attività imprenditoriale, come modificato dall’articolo 13, D.L. 146/2021, che ha sostituito l’articolo 14, D.Lgs. 81/2008.

Secondo la nuova disciplina, il provvedimento di sospensione è adottato dall’INL. A differenza della previgente formulazione, in cui si evidenziava la “possibilità” di adottare il provvedimento da parte degli “organi di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali”, è ora evidenziata l’assenza di ogni forma di discrezionalità da parte dell’Amministrazione. Tuttavia, nell’adozione del provvedimento sospensivo va comunque valutata l’opportunità di farne decorrere gli effetti in un momento successivo.

Una prima importante novità attiene alla percentuale di lavoratori irregolari per l’irrogazione del provvedimento, che passa dal 20% al 10%, da calcolarsi sul numero di lavoratori presenti sul luogo di lavoro al momento dell’accesso ispettivo.

Ulteriore novità è rappresentata dal riferimento “all’accesso ispettivo”, quale momento in cui va valutata la sussistenza dei presupposti di adozione del provvedimento: ciò lascia evidentemente intendere che la regolarizzazione dei lavoratori nel corso dell’accesso è del tutto ininfluente e pertanto il provvedimento andrà comunque adottato.

Inoltre, il provvedimento di sospensione deve essere adottato anche tutte le volte in cui sono accertate gravi violazioni in materia di salute e sicurezza individuate tassativamente nell’Allegato I al D.L. 146/2021.

L’INL precisa che, a fronte di un accertamento sulla contestuale presenza di più violazioni utili all’adozione del provvedimento di sospensione (siano queste riferibili tutte all’Allegato I ovvero in parte all’Allegato I e in parte all’occupazione di personale irregolare), il personale ispettivo adotterà sempre un unico provvedimento di sospensione “della parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni”, fermo restando che, ai fini della revoca del provvedimento, occorrerà verificare la regolarizzazione di tutte le violazioni riscontrate e il pagamento delle somme aggiuntive riferibili a ciascuna di esse. Pertanto, la “sospensione dell’attività lavorativa prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni” ricorre solo quando le violazioni concernenti la formazione, l’addestramento o la mancata fornitura di DPI non siano accompagnate da altre violazioni utili all’adozione della sospensione.

Il provvedimento di sospensione per motivi di salute e sicurezza dovrà essere, di norma, adottato con effetto immediato.

Per la sospensione adottata per lavoro irregolare è necessaria la regolarizzazione dei lavoratori, nonché una regolarizzazione anche sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza. In ragione dell’ampliamento delle competenze rimesse all’Ispettorato ai sensi del nuovo articolo 13, D.Lgs. 81/2008, diversamente dal passato, gli accertamenti relativi agli adempimenti in materia di salute e sicurezza, anche ai fini della revoca della sospensione, saranno effettuati in tutti i settori di intervento.

Modifica della distribuzione oraria e potere organizzativo del datore di lavoro

La Cassazione – con ordinanza del 3 novembre 2021, n. 31349 – ha ribadito che il datore di lavoro può modificare l’orario di servizio della dipendente spostata in un altro reparto per dismissione di attività produttive, anche se quest’ultima presenta una patologia che però non la rende inidonea ai turni (nello specifico sindrome ansiosa e cefalea cronica).

Com’è noto, a mente dell’art. 1, comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 66/2003 “costituisce orario di lavoro qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.

In tal senso, l’art. 2094 cod. civ. recita “È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”.
Pertanto, la modifica della distribuzione oraria è espressione precipua del potere organizzativo del datore di lavoro.

 

Diritto al risarcimento dei danni ed adibizione a mansioni inferiori

La Cassazione – con ordinanza del 4 novembre 2021, n. 31558 – ha affermato che il dipendente demansionato ha diritto ad ottenere il risarcimento dei danni sin dal momento in cui è stato adibito alle nuove mansioni inferiori.

A mente dell’art. 2103 cod. civ. “Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte. In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore purché rientranti nella medesima categoria legale.

Il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario, dall’assolvimento dell’obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni.

Ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale, possono essere previste dai contratti collettivi”.

Nel caso in specie, la Suprema Corte ha precisato che il riconoscimento del suddetto diritto non scatta invece da quando il dipendente ha formalmente contestato al proprio datore di lavoro la dequalificazione professionale subita.

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