Nullo il licenziamento disciplinare che rappresenta l’atto finale di protratte condotte mobbizzanti

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La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 31 maggio 2022, n. 17702, ha ritenuto che, ai sensi dell’articolo 2087, cod. civ., norma di chiusura del sistema antinfortunistico e suscettibile di interpretazione estensiva in ragione sia del rilievo costituzionale del diritto alla salute sia dei principi di correttezza e buona fede cui deve ispirarsi lo svolgimento del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad astenersi da iniziative che possano ledere i diritti fondamentali del dipendente mediante l’adozione di condizioni lavorative “stressogene” o “mobbizzanti” e il giudice del merito è tenuto a valutare se, dagli elementi dedotti – per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale, altre circostanze del caso concreto – possa presuntivamente risalirsi al fatto ignoto dell’esistenza del danno.

Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la nullità del licenziamento, che rappresenta solo l’atto finale di un mobbing con il quale il lavoratore è stato sottoposto a vessazioni e mortificazioni.

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